domenica 9 ottobre 2011

BENE PUBBLICO:Come difendersi da liberisti e populisti?

Se ancora una qualche parvenza di funzione pubblica continua ad esistere
in questo malandato Paese, lo si deve soprattutto al sacrificio quotidiano
di singole persone, di associazioni,di amministratori e di dirigenti responsabili.
Nel degrado di un’amministrazione da anni abbandonataall’incuria, servizi pubblici dignitosisono offerti ai cittadini solo perché tanti insegnanti, infermieri,impiegati, ricercatori, medici,militari, sindaci coprono le falle diuna macchina resa inanimata dalle prolungate amputazioni finanziarie.
Senza mezzi, con un turnover bloccato, con macchinari usurati e in edifici degradati in tanti si dedicano con dedizione al bene pubblico e ricevono in cambio solo magri stipendi, contratti temporanei e un abbondante supplemento di insulti che proprio i ministri spesso si incaricano di recapitare loro per ottenere una gratuita popolarità.
L’ideologia della destra, sempre assecondata dalla grande stampa di opinione, è quella del pubblico come santuario del privilegio abitato
da sterminati eserciti di fannulloni.
I governi hanno fatto di tutto per distruggere ogni traccia di pubblico. In nome del merito sono state umiliate scuola e università,colpite dai nuovi barbari con immagini caricaturali. Da anni Tremontiagita le forbici per ordinare i tagli lineari ad ogni comparto pubblico, dalla scuola alla sanità,dalla giustizia alla sicurezza. Parole offensive e norme punitive sono state le sole risposte che i governi hanno fornito al forte bisogno di
un ammodernamento della sfera pubblica nell’età della sussidiarietà
e del decentramento amministrativo.
Così però, a causa della ferocia distruttiva dello spazio pubblico
che assume il nome deviante di riforma, l’Italia regredisce velocemente
in tutti gli indicatori di qualità della vita, di propensione
all’innovazione e di efficienza dellastruttura amministrativa. Lo
smembramento della amministrazione calpesta le sedi istituzionali
necessarie per implementare la legislazione appena varata e destinata
a smarrirsi nei labirinti della prevedibile mancata attuazione.
Il fatto è che, per motivi organici al suo credo, il populismo assumeil
pubblicocomeil nemico principale.
Dipingendo il pubblico come un costo inutile e quindi come un fardello duro da sopportare per i laboriosi uomini del fare, esso raggiunge un facile consenso per poter smantellare ciò che ancora resta di uno Stato sociale sempre più residuale. Inoltre, proprio calpestando
ogni nozione virtuosa di pubblico, il populismo giustifica i comportamenti poco edificanti di una vasta componente della società che evade sistematicamente il fisco e prosciuga così la fonte stessa delle politiche pubbliche. La ricchezza privata preferisce racimolare nel mercato i servizi necessari o adoperare in modo parassitario quelli che soprattutto i lavoratori pagano con le trattenute alla fonte e così, nel buco gigantesco delle entrate fiscali, la tragedia del pubblico e l’eutanasia dei beni comuni si possono consumare.Il degrado delle città infinite e le
isole di opulenza delle micro città private convivono nello stesso spazio
guardandosi in cagnesco. Le telecamere poste a presidio della sicurezza
della privata isola del lusso sono minacciate da una città sempre più inospitale e aggressiva,con strade ridotte a pattumiera e con luoghi di ritrovo abbandonati allo scempio. Il populismo, demolendo le politiche pubbliche di inclusione sociale, costruisce un muro tra due società rese ostili. Occorre reagire a questa entropia del pubblico che azzera i fondi per la scuola, umilia la ricerca, sospende i servizi e getta l’Italia tra le retrovie dei paesi civili. Nel deserto del pubblico crescono solo gli indici di diseguaglianza.

(MICHELE PROSPERO)

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